Sfrappole di Carnevale: una delizia che risale all'Antica Roma
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Cari buongustai, per quanti di voi Carnevale non è veramente goloso senza le sfrappole? Beh, sicuramente il buonissimo dolce è ormai per tutti uno dei simboli per eccellenza della festa più colorata dell'anno.
Le sfrappole, o più comunemente chiacchiere, sono delizie a base di un impasto di farina, burro, zucchero, uova e marsala, che viene modellato a forma di strisce sottili dai bordi seghettati fritte nell'olio di semi bollente, o più raramente cotte al forno.
Una volta pronte, le sfrappole vengono spolverate con zucchero a velo ed eventualmente coperte di alchermes e servite con cioccolato fondente o mascarpone.
Le forme delle sfrappole
Se gli ingredienti variano poco, al contrario la forma del dolce può cambiare. C'è chi preparare le sfrappole a forma di rombi, chi le annoda in nastri di sfoglia e chi crea dei veri e propri fiocchi.
L'importante è che la sfoglia sia sottile e abbia le "bolle" per dimostrare che è stata tirata correttamente e che il dolce è stato fritto a regola d'arte.
La storia delle sfrappole
L'origine delle sfrappole risale all'Antica Roma quando durante i Saturnali, una festa molto simile al nostro Carnevale, si preparavano le "frictilia": dolci fritti nel grasso di maiale e serviti alla popolazione.
In particolare Apicio, uno dei più celebri buongustai del tempo, nel suo "De re coquinaria" descrisse così le "frictilia": "Frittelle a base di uova e farina di farro tagliate a bocconcini, fritte nello strutto e poi tuffate nel miele".
Secondo la leggenda le sfrappole o chiacchiere sarebbero originarie di Napoli ed in particolare del Regno dei Savoia.
La Regina di allora infatti pare fosse celebre per la sua parlantina al punto che il cuoco di corte, Raffaele Esposito, decise di dedicarle un dolce e creò le prime "chiacchiere".
Un dolce dai tanti nomi
Io le ho chiamate sfrappole, perché sono a Bologna, ma il dolce simbolo del Carnevale ha tantissimi nomi che cambiano dal nord al sud della nostra penisola.
In Piemonte si chiamano "bugie", ma a Cuneo meglio "risole", in Veneto "sossole", ma fra Verona, Venezia e Padova viene usato "galani", a Vercelli e in provincia di Novara diventano "gale" o "gali", nel Polesine, in Trentino e in Alto Adige "crostoli", nelle province di Mantova e Brescia "attughe", a Piacenza "sprelle", in Valle d'Aosta "merveilles", in Friuli "crostui", a Bergamo "galarane" e a Modena e Bologna "sfrappole" o "rosoni".
Scendendo al centro: in Romagna le golose delizie si chiamano "fiocchetti" o "pizze fritte", nel Montefeltro "grasse", nelle Marche "sfrappe" ma anche "frappe" come in Lazio ed Umbria, nella Maremma Toscana ci sono gli "strufoli" mentre nella Valdarno si gustano i "cenci".
Verso sud: in Molise si parla di "cunchielli", in Abruzzo di "cioffe" e nel casertano di "guanti". In Sardegna invece il dolce si identifica con i nomi "maraviglias", "stracci", "lasagne", "pampuglie", "manzole" o "garrulitas".
Fra tutti comunque il termine più diffuso resta "chiacchiere", che viene usato regolarmente in Umbria, basso Lazio, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Campania, Calabria e Sicilia.
Il Carnevale a tavola
Ecco alcuni consigli per preparare i buonissimi dolci tipici del Carnevale:
di Francesca Barzanti, pubblicato il 03/03/2019