Il melograno, pianta generosa ed elegante
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L'albero a cui tendevi la pargoletta mano, il verde melograno da' bei vermigli fior…
(G. Carducci "Pianto antico", 1871)
Nella fredda stagione autunnale il melograno assume un posto importante tra i prodotti della terra, per il suo bel portamento, per la fioritura tardiva dai colori vivaci e soprattutto per i suoi buoni frutti. Questa combinazione di caratteri rendono la pianta adatta sia per scopi ornamentali che per godere dei suoi aromi in cucina. Inoltre ha accompagnato buona parte della storia dell'Uomo, essendo citata già nella Bibbia.
Il Melograno e i Botanici
Dotte discussioni su questo albero. Nelle nostre scuole botaniche viene attribuito alla famiglia delle Punicacee con il nome scientifico di Punica granatum mentre secondo la scuola americana è classificato come appartenente alle Lythracee (Graham et al., 1993); la differenza non è solo accademica: alla seconda famiglia appartiene anche la pianta da cui si ricava il colorante "hennè", maggiormente prodotto in Sudan, Egitto ed India. Poiché questo composto ha affinità chimica con le componenti della corteccia del melograno, gli Americani considerano le due piante affini. Invece nei Paesi della Vecchia Europa gli estratti dalla corteccia sono meglio conosciuti per i loro usi erboristici medicamentosi, mentre l'hennè è solo un prodotto esotico di importazione, quindi si preferisce differenziare le due classificazioni.
La pianta è originaria dell'Africa Settentrionale e dell'Asia Occidentale e giunse in Europa attraverso rotte marittime internazionali, portata dai mercanti Fenici. Non è un vero e proprio albero: si parla di arbusto arborescente, che raggiunge i 4-5 metri ma nelle località di origine può arrivare anche a 7 metri. Nei nostri climi si ritrova selvatica mentre per scopi ornamentali ne viene coltivata la varietà "Nana", in quanto di dimensioni più adatte a giardini e balconi.
La fruttificazione autunnale, anche nelle cultivar ornamentali, fa sì che il melograno si accompagni ottimamente ad esempio alle dalie (soprattutto Dhalia imperialis) disposte alla sua base, poiché proprio in tale stagione questa stupenda floricola si carica di fiori che ricordano la sua calda terra d'origine: l'America Centrale. Notevole anche la possibilità di ottenere melograni bonsai, che sono molto resistenti all'attacco di parassiti; privilegiando, inoltre, le posizioni soleggiate sono ideali ornamenti per i nostri balconi e davanzali cittadini.
La foglia di melograno è tipicamente ovale, di un colore verde lucente sulla pagina superiore ma che muta con le stagioni: è rossastra se giovane mentre in autunno assume sfumate gradazioni di giallo oro.
Il fiore è solitario nell'arbusto da frutto, ad infiorescenze doppie nelle cultivar ornamentali; la corolla ad imbuto è di un rosso vermiglio vistoso che racchiude le antere gialle portatrici di polline, ghiotta ricompensa per gli insetti impollinatori. La fioritura va dalla primavera all'inizio dell'estate.
Il frutto, detto melagrana o mela granata, matura in autunno, è una bacca caratteristica definita "balaustio" o "balausta". Esternamente è coriacea, di un colore giallo-arancio; internamente è suddivisa in logge da setti fibrosi di color giallo intenso e ogni compartimento contiene molti semi rossi, di forma prismatica, assai gustosi e ripieni di succo.
Il Melograno nella storia
È una pianta che si fa voler bene per i suoi molteplici usi. Inevitabilmente assume significati simbolici importanti.
Il fiore, il frutto e i numerosi semi sono quasi sempre associati, in tutte le antiche civiltà, alla fertilità e alla fecondità.
È certamente conosciuta dagli Ebrei: nella Bibbia il Cantico dei Cantici descrive la sposa amata e la fecondità della Terra Promessa attraverso la metafora della melagrana; lo stesso nella cultura orientale: in Cina quanto in Vietnam, come simbolo della nascita di nuove generazioni, si parla di una legenda secondo cui "una melagrana si aprirà e da essa usciranno cento bambini".
Nell'Antico Egitto invece si utilizzavano i frutti anche nelle cerimonie funebri, tanto che appaiono testimonianze nelle pitture all'interno di tombe risalenti a 2500 anni fa, compresa la tomba del potente faraone Ramses IV.
Nella mitologia greca la melagrana è il "cibo dei morti" e Kore, figlia di Demetra, Dea dell'agricoltura, fu condannata a divenire la custode dell'Oltretomba, con il nome di Per-efone, per averne mangiato alcuni grani.
Ne emerge quindi un significato di dualità: fertilità, fratellanza e unità (simboleggiata dai tanti chicchi racchiusi in un unico frutto) ma anche simbolo di ombra e di morte.
Nel "linguaggio dei fiori" comunque prevale il significato positivo, di abbondanza e di amore ardente per il colore acceso delle infiorescenze. Ancora oggi, in alcune culture dell'est Europa, la tradizione vuole che il novello sposo trasferisca un melograno dal giardino del suocero nel suo come augurio di prole numerosa; le spose turche invece scagliano a terra un frutto maturo al termine della cerimonia e il numero di grani fuori-usciti indicherà quanti saranno i loro figli.
In cucina e in erboristeria
La tradizione gastronomica della melagrana si è ormai persa nel tempo; nasce già con i Romani ma il frutto, considerato anticamente il re dell'orto (per la presenza del picciolo a forma di corona), viene di nuovo apprezzato solo nel Medioevo. Si utilizzavano i suoi grani interi per preparare ripieni, soprattutto per le carni, e si spremeva il succo sia per preparare salse e sughi che come sostituto dell'aceto.
Veniva inoltre utilizzato per aromatizzare il vino, detto "vinum granatus", offerto sporadicamente ai commensali, in occasioni particolari soprattutto della vita di corte.
È un frutto ricco di vitamine e per questo motivo è entrato a far parte del repertorio di ingredienti nelle cucine orientali, come quella persiana, siriana e libanese, e in tutti quei territori la cui aridità non offre una varietà di prodotti ad alto valore nutritivo.
Attualmente nella cucina italiana è scarsamente utilizzato per piatti salati, però gli chef più creativi ne impiegano i semi nei dessert, gelatine, granite e marmellate oppure ne usano il succo per preparare dolci.
Ben diverso il discorso per le altre parti della pianta, di interesse erboristico. Nella corteccia delle radici in massima parte, ma anche nella corteccia dei rami, nel pericarpo (la parte esterna e coriacea del frutto) e nel fiore sono contenuti diversi principi attivi appartenenti al gruppo degli alcaloidi ma anche tannini. Questi composti rendono tali organi vegetali utilizzabili sotto la forma commerciale di frammenti o di polvere. È da segnalare però che la farmacopea italiana non consente di mescolare le due cortecce polverizzate, mentre in altri Paesi ciò non è considerato sofisticazione.
I tannini vengono indicati in farmacopea per trattare casi di emorragie, avendo proprietà astringenti. Uno degli alcaloidi, detto pellettierina, ha una potente azione vermifuga, quindi è indicato nella medicina popolare – ma non nella farmacopea ufficiale – per contrastare le elmintiasi, una forma di parassitosi intestinale.
Dato che l'azione dei principi attivi si perde rapidamente, l'erborista dovrebbe approvvigionarsi spesso di materia prima piuttosto che mantenere ingenti scorte. Comunque si deve segnalare che nel nostro Paese la richiesta di questi preparati è scarsa.
Per ultimo è interessante accennare anche all'importanza industriale delle cortecce, in quanto l'estratto è impiegato per la concia delle pelli.